Food & Beverage Cost Control

“Non c’è economia dove non c’è efficienza” Benjamin Disraeli

Il #FoodCost, ovvero il “costo del cibo” è l’insieme sia dei costi fissi che di quelli variabili legati alla produzione del prodotto finito.
Il suo valore è dato dal rapporto tra il totale di tali costi ed il prezzo di vendita dello stesso.
Se conosciuto consente di eliminare le inefficienze ed accrescere le potenzialità della propria attività.

Il settore della ristorazione ha ritrovato negli ultimi un nuovo e per certi versi inaspettato spolvero, I consumatori hanno una offerta variegata che determina una articolata concorrenza. La sopravvivenza di un’impresa è data dalla contemporanea presenza di numerosi fattori i quali, ognuno per la sua parte, gioca un ruolo se non fondamentale di certo determinante.

Contribuiscono al successo di queste iniziative commerciali, l’ubicazione, gli spazi, l’arredamento, il personale, il servizio, la cucina, il prezzo delle varie portate, il menu senza trascurare la passione, amore e dedizione dei “proprietari”

Ho volutamente trascurato un fattore altrettanto determinante e di pari dignità quali l’analisi ed il controllo dei costi in generale e del cibo, in particolare: il Food Cost Control

Il “controllo del costo del cibo e delle bevande” è una tecnica di gestione delle spese e del denaro che riserva notevoli vantaggi e, rientrando nell’ambito di un analitico processo di registrazione ed analisi, consente di sviluppare una serie di azione per controllare i costi. L’obiettivo è consigliare il management su come ottimizzare le pratiche ed i processi aziendali in base all’efficienza e alle capacità dei costi. La “contabilità analitica”, così definita, fornisce le informazioni dettagliate sui costi da utilizzare sia per le operazioni in atto che per quelle future.

Prestandosi a numerosi e pratici utilizzi quali:

  • la redazione del bilancio di previsione e di quello a consuntivo;
  • l’andamento delle preferenze dei propri clienti;
  • il miglioramento di quei piatti meno richiesti dalla clientela;
  • la standardizzazione dei processi di preparazione e, nel caso, correggere eventuali processi inefficienti;
  • la misurazione dei tempi di preparazione;
  • la quantificazione, sempre dal punto di vista economico, dello scarto, della resa e della perdita di peso del cibo;
  • il monitoraggio, per periodi e nel corso del tempo, dell’andamento dei costi variabili e dei costi fissi;
  • l’aggiornamento constante del proprio menù e, non ultimo,
  • la misurazione della velocità del proprio magazzino,

permette di individuare il giusto prezzo di vendita delle, tenendo conto dei vari costi che intervengono nella composizione del singolo piatto.

Se c’è un piatto universale, quello non è l’hamburger bensì la pizza, perché si limita a una base comune – l’impasto – sul quale ciascuno può disporre, organizzare ed esprimere la sua differenza. Jacques Attali


Se ben applicata consente di trasformare il “ristoratore”, senza per questo snaturarlo, in “imprenditore della ristorazione”. Il costo del cibo si traduce in una percentuale “benchmark” che stabilisce l’esatto rapporto fra il costo delle materie prime usate per la produzione di piatti, i costi fissi ed il prezzo di vendita al fine di conseguire un utile.

Lo scostamento negativo da questo rapporto segnala una remissione, sebbene involontaria, degli utili, al contrario la sua osservanza tende a consolidare la massimizzazione del profitto.

Concludo chiedendoti: hai mai pensato di calcolare il costo netto di ogni singolo Tuo piatto? Nel caso: puoi contare su di me!

#WalterTroisi

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