Finanza comportamentale

In tutta la mia vita, gli investitori hanno agito e agito di nuovo sempre nello stesso modo come risultato di avidita’, paura, ignoranza e speranza. Ecco perche’ le formazioni numeriche e i modelli ricorrono come base costante. Jesse Livermore

#FinanzaComportamentale, questa sconosciuta in finanza e negli affari!

Il delirio di onnipotenza non colpisce solo i traders o quanti si ritengono per definizione investitori ma anche gli imprenditori piccoli e grandi che siano.

I primi peccano di onnipotente saccenza nel momento in cui la loro strategia di investimento viene premiata dal mercato, il delirio di cui sopra è una distorsione della conoscenza tecnica del mezzo utilizzato alimentata, temporaneamente e involontariamente, dal mercato
I secondi  “cadono in peccato” quando ritengono il loro senso degli affari superiore a qualsiasi tecnica economica, finanziaria, aziendale e fiscale, utilizzate singolarmente ovvero congiuntamente!

La finanza tradizionale offre numerosi strumenti ai quali i manager si affidano per le loro valutazioni e decisioni al fine della massimizzazione del valore dell’impresa, a cui sono preposti.
Anche se è da affermare che ciò non si traduce esclusivamente in un risparmio fiscale!!!
Tuttavia nella pratica esistono trappole psicologiche che non ne permettono il corretto utilizzo.

Lo studio comportamentale della finanza ha origini relativamente recenti e risale alla metà degli anni Settanta con i lavori “pionieristici” di Daniel Kahneman e Amos Tversky. È un approccio che unisce in sé aspetti di psicologia cognitiva e teorie classiche finanziarie.
Tale studio mette in luce gli aspetti più realistici e umani dell’homo economicus, i suoi errori, la sua irrazionalità e mancanza di informazioni, sconfessando la tesi secondo cui gli individui agiscono in maniera razionale.                             Il suo scopo consiste nell’individuazione di quei meccanismi psicologici che conducono verso comportamenti inefficienti e nella correzione di questi ultimi, laddove alberga l’umiltà e senso pratico.

I fenomeni psicologici si suddividono in tre macrocategorie:
• BIASI: che rappresentano una predisposizione all’errore dettata da distorsioni nell’impianto cognitivo. Tra i più significativi e ricorrenti rileviamo quelli di “eccessivo ottimismo” e “overconfidence”.
• EURISTICHE: definite come regole empiriche distorsive della ratio teorica. Tra queste meritano menzione la “rappresentatività”, la “disponibilità”, l’ “ancoraggio” e l’ “affetto”.
• EFFETTI DI FRAMING: derivano dal modo in cui il decisore percepisce il quadro di riferimento; a questa categoria appartengono l’ “avversione alla perdita” e l’ “avversione alla perdita certa”. Gli individui hanno una percezione molto più acuta di una perdita rispetto ad un guadagno, ciò li spinge ad assumere un comportamento avverso di fronte a situazioni che presentano simili opportunità.

Tali fenomeni, se presenti,  impediscono di avere sane relazioni con tutti quei professionisti, differenti per settore, specializzazioni ed esperienze professionali i quali, individuando correttamente e tempestivamente sia la realtà aziendale sia il meccanismo psicologico che conduce a comportamenti debolmente efficienti se non addirittura inefficienti della proprietà, sono in grado di suggerire adeguati strumenti, utili informazioni e tempestive strategie!

#waltertroisi

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