Le criptovalute, i Bitcoin – la tassazione, la blockchain

“Bitcoin è un tour de force tecnologico.”
Bill Gates

Le criptocurrency sono una rappresentazione digitale basata sulla crittografia, il cui temine è composto da due parole quali cripto e currency: moneta nascosta. Sono monete “virtuali” utilizzate, anche, come strumenti alternativi di pagamento. rispetto a quelli tradizionalmente in uso, per gli scambi commerciali, la cui circolazione si fonda su un principio di fiducia e di accettazione volontaria da parte degli operatori privati. Al tempo stesso, potrebbero essere considerate ovvero utilizzate come strumenti finanziari o beni fungibili e, data la scarsità, alcune di essere potrebbero assurgere a bene rifugio sebbene digitale, al pari dell’oro.

Sono, appunto, “valute coperte”, visibili/utilizzabili solo conoscendo un determinato codice informatico (le c.d. ‘chiavi di accesso’ pubblica e privata); e ‘virtuali’ in quanto non esistono in forma fisica e, al tempo stesso, sono generate e scambiate esclusivamente per via telematica.
Alcuni concetti tradizionalmente utilizzati per le monete a corso legale, come ad esempio quello di ‘portafoglio’, sono stati adattati anche al contesto delle monete virtuali, dove si parla di ‘portafoglio digitale/elettronico’ (o wallet digitale/elettronico o semplicemente e-wallet).

La criptovaluta, ove ci sia consenso tra i partecipanti alla relativa transazione, può essere scambiata in modalità peer-to-peer (ovvero tra due dispositivi direttamente, senza necessità di intermediari) per acquistare beni e servizi (come fosse moneta a corso legale a tutti gli effetti). Un’altra classificazione in uso prevede la suddivisione tra moneta virtuale ‘chiusa’, ‘unidirezionale’ e ‘bidirezionale’. La differenza tra le tre fattispecie risiede nella possibilità o meno di poter scambiare la criptovaluta con moneta a corso legale (o valuta ‘ufficiale’ o ‘moneta fiat’, secondo altre comuni denominazioni) e nella tipologia di beni/servizi acquistabili. Il bitcoin, ad esempio, è una moneta virtuale bidirezionale in quanto può essere facilmente convertita con le principali valute ufficiali e viceversa

Il significato giuridico di valuta virtuale è dato dall’articolo 1, comma 2, lettera qq, del D. Lgs 231/2007 (Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione), il quale la definisce come una “rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi è trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.Viene data , sostanzialmente, legittimità normativa all’utilizzo delle valute virtuali quale strumento di pagamento alternativo a quelli tradizionalmente utilizzati nello scambio di beni e servizi ed, al tempo stesso, viene definito tale “strumento di pagamento” come una “rappresentazione digitale di valore”, “trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.

Riepilogando le peculiari caratteristiche delle criptovalute, esse:

  1. non hanno natura fisica, bensì digitale, essendo create, memorizzate e utilizzate attraverso dispositivi elettronici e vengono conservate in “portafogli elettronici”.  Inoltre sono liberamente accessibili e trasferibili dal titolare, in possesso delle necessarie credenziali, in qualsiasi momento senza bisogno dell’intervento di terzi;
  2. sono emesse e funzionano grazie a dei codici crittografici ed a complessi calcoli algoritmici.  Lo scambio dei predetti codici criptati tra gli utenti (user), operatori sia economici che privati, avviene per mezzo di un’applicazione software.
  3. hanno un insieme di regole (detto “protocollo“), cioè un codice informatico che specifica il modo in cui i partecipanti possono effettuare le transazioni;
  4. queste ultime vengono riepilogate, in maniera immodificabile, in una sorta di “libro mastro” (distributed ledger o blockchain) che conserva la storia della transazioni;
  5. i partecipanti, definiti ‘nodi’, aggiornano, conservano e consultano la distributed ledger delle transazioni, secondo le regole del protocollo, sono connessi tra di loro in maniera distribuita e fanno parte di una rete decentralizzata.

La blockchain

Le blockchaines (letteralmente “catene di blocchi”) rappresentano una modalità particolarmente trasparente e decentralizzata per la registrazione di elenchi di transazioni. Il caso d’uso più noto è quello nel campo delle valute digitali.

La blockchain, è un registro distribuito e decentralizzato (Distributed Ledger Technlology oDLT), caratterizzato dalla trasparenza e dalla (tendenziale) immutabilità e irrepudiabilità, che sfrutta la crittografia asimmetrica per la protezione e l’autenticazione delle transazioni (attraverso chiavi pubbliche e private), le quali sono iscritte e conservate in “blocchi” collegati tra loro cronologicamente.

Essa è un sistema decentralizzato in quanto non vede la partecipazione di alcuna autorità centrale che certifichi e garantisca la veridicità delle transazioni. Al contrario del sistema centralizzato nel quale la fiducia dei partecipanti è riposta nell’ente centrale che lo gestisce o lo supervisiona, nel sistema decentralizzato e distribuito la fiducia è nell’infrastruttura in sé, composta da tutti i partecipanti della rete (i nodi, organizzati secondo l’architettura della rete peer to peer o P2P47), secondo il principio del consenso e del meccanismo delle ricompense (proof of work). Inoltre, una copia dell’intero ledger è conservata a cura di ogni singolo nodo della rete, ed è accessibile da ognuno di essi, rendendo la blockchain trasparente e verificabile. Quest’ultimo si differenzia dai comuni database centralizzati in quanto i dati non sono conservati in uno (o più) server, nel quale tra i partecipanti alla rete vi è un rapporto client-server, ma vengono conservati in ogni nodo, in posizione paritaria tra di loro.

Ciò comporta anche una maggiore sicurezza del sistema in quanto l’attacco ad un singolo nodo non comprometterà il funzionamento né l’integrità dei dati.

Un’altra caratteristica della blockchain è la «scarsità digitale»: essa permette di far assumere valore economico e di scambio a ciò che viene registrato sui registri distribuiti.
I comuni documenti informatici, invero, possono essere copiati e duplicati senza particolare difficoltà infinite volte rendendoli indistinguibili l’uno dall’altro; l’uso della crittografia, invece, rende ogni transazione unica e quindi non duplicabile, conferendo così “scarsità” e quindi valore a tutto ciò che viene trascritto sulla blockchain.
Ciò che però caratterizza la blockchain come species del genus distributed ledger technolgy, è il raggruppamento delle transazioni in “blocchi” concatenati tra loro. Ogni “blocco” è costituito da vari elementi: in particolare, l’header (intestazione) contiene tre tipi di metadati; il primo, è costituito dall’hash del blocco precedente; il secondo riguarda il mining e raggruppa il difficulty target (la difficoltà della proof of work, richiedendo un certo numero di “0” come prime cifre dell’output della funzione SHA25654), il time stamp (il tempo della creazione del blocco) e il nonce (un parametro utilizzato per variare l’output della funzione crittografica SHA256 e soddisfare i requisiti del difficulty target). Il terzo, il merkle tree, altro non è se non un hash contenente tutte le transazioni del blocco e che permette di verificare se una transazione è inclusa nel blocco stesso. La creazione di un nuovo blocco e il suo “incatenarsi” ai blocchi già presenti nella blockchain avviene attraverso il mining, ossia l’attività dei “miners” (estrattori) del risolvere “l’indovinello crittografico” che richiede una notevole quantità di risorse computazionali (e di energia elettrica). La risoluzione dell’algoritmo sarà la prova di aver dedicato ingenti risorse computazionali (la proof of work) e gli altri nodi andranno a verificare la correttezza della soluzione. In caso di esito positivo, il blocco “risolto” sarà aggiunto alla blockchain, in virtù del principio del consenso basato sulla proof of work.

Molti sono i modi in cui è possibile utilizzare le blockchain per creare nuove valute, con caratteristiche e finalità differenti. Le transazioni valutarie basate sulle blockchain, poiché creano registri pubblici rapidi, economici e sicuri, possono essere utilizzate anche per molte attività non finanziarie, ad esempio per esprimere preferenze elettorali o provare che un documento esisteva in un dato momento. Le blockchain sono particolarmente indicate nelle situazioni in cui è necessario conoscere la cronologia della proprietà. Possono ad esempio aiutare 1) a gestire meglio le catene di approvvigionamento per offrire, ad esempio: a) la certezza che i diamanti siano di origine etica, b) che gli abiti non siano confezionati in fabbriche che sfruttano i lavoratori e c) che lo champagne provenga dalla regione da cui prende il nome; 2) potrebbero aiutare a risolvere finalmente il problema della pirateria audiovisiva, consentendo al tempo stesso di acquistare, vendere ed ereditare a titolo legittimo i contenuti digitali e di cederli come accade per i libri, i dischi in vinile ed i videonastri; 3) offrono inoltre opportunità in tutti i tipi di servizi pubblici, quali a) i pagamenti in ambito sanitario e assistenziale e b) l’esecuzione automatica dei contratti, non eccessivamente complessi, di quelle aziende che si gestiscono da sole senza l’intervento umano.

Le blockchaines sottraggono alle élite centrali parte del controllo sulle interazioni quotidiane con la tecnologia, ridistribuendolo tra gli utenti. In questo modo, rendono i sistemi più trasparenti e, forse, più democratici. Al di la del divenire una vera e propria rivoluzione i governi ed i grandi colossi del settore finanziari stanno realizzando ingenti investimenti nel campo della ricerca e dello sviluppo al fine di potenziare i loro servizi.

Occorre tenere conto di questioni di portata generale: fermo restante l’appropriatezza della trasparenza nei settori di pubblico dominio quali i registri catastali, questa non lo è, sicuramente, per quanto concerne i saldi bancari e altri dati sensibili.

Criticità non del tutto risolte, attengono sia agli smart contract (code is law), i cui errori o le vulnerabilità accidentali diventano anch’essi parte del contratto che alla configurazione di resti propri configurabili proprio all’utilizzo delle criptovalute, quali il reato di riciclaggio (art. 648 bis c.p.) autoriciclaggio (art. 648 ter c.p.) e reati di abusivismo bancario e finanziario.

Sfruttare “errori” o le “vulnerabilità” per assumere il controllo di beni non sarebbe considerato furto, in base al concetto “code is law” poiché l’errore che ha consentito la sottrazione fa parte del codice, tuttavia stesso non esula dalla “Legge”. Ciò fa si che gli smart contract possano contenere clausole illegali, ad esempio codici di distribuzione dell’eredità che non prevedono le imposte di successione in vigore nella giurisdizione di competenza, configurare reati eterogenei sfruttando il funzionamento dei contratti autoeseguibili sulla blockchain.

Le monete virtuali: Bitcoin, Ether, XRP, Litecoin

I dati in un blocco sono per loro natura immutabili (non possono essere retroattivamente alterati senza che vengano modificati tutti i blocchi successivi ad esso; per fare ciò, dati la natura del protocollo e lo schema di validazione, servirebbe il consenso della maggioranza della rete). La natura distribuita e il modello cooperativo rendono particolarmente sicuro e stabile il processo di validazione, pur dovendo ricorrere a tempi e costi non trascurabili, in gran parte riferibili al prezzo dell’energia elettrica necessaria per effettuare la validazione dei blocchi (questo nel caso della Blockchain della moneta virtuale) e alla capacità computazionale necessaria per risolvere complessi calcoli algoritmici (attività che viene comunemente definita come ‘mining’). L’autenticazione avviene tramite la collaborazione di massa ed è alimentata da interessi della comunità. La Blockchain è un registro pubblico delle transazioni in ordine cronologico. È utilizzata per memorizzare in modo permanente le transazioni moneta virtuale e per prevenire il fenomeno del cosiddetto “double spending” (per evitare che possa spendere più di una volta le proprie monete, più di una volta nello stesso momento). Come già osservato, la Blockchain è un insieme di blocchi fra loro concatenati: ogni blocco è identificato da un codice, contiene le informazioni di una serie di transazione, e contiene il codice del blocco precedente, così che sia possibile ripercorrere la catena all’indietro, fino al blocco originale (una sorta di DNA di tutte le transazioni). Tutti i nodi della rete memorizzano tutti i blocchi e quindi tutta la Blockchain.

I benefici nel punto di vista dei promotori

Le criptovalute si sottrarrebbero all’azione degli incentivi, potenzialmente controproducenti, tradizionalmente legati alle banche e ai governi sovrani.
Le criptovalute offrirebbero molti potenziali vantaggi, tra cui una maggiore velocità ed efficienza nei pagamenti e nelle rimesse estere, promuovendo altresì l’inclusione finanziaria.

I rischi secondo le Autorità europee di vigilanza

La natura relativamente anonima delle valute digitali li ha resi molto attraenti per i criminali, che potrebbero utilizzarli per riciclaggio di denaro sporco e altre attività illegali.

Secondo le ricostruzioni delle autorità di settore, le criptovalute possono comportare rischi notevoli anche con riguardo alle truffe. Pongono quindi numerosi interrogativi in termini di protezione dei consumatori/investitori.

I rischi per la gestione della politica monetaria sembrano, invece, del tutto improbabili, considerata la loro attuale esigua diffusione.

Quanto ai rischi per la stabilità finanziaria, solo una ben più ampia utilizzazione delle criptovalute potrebbe determinarne l’insorgenza.

I rischi legali per il consumatore

L’assenza di un quadro giuridico preciso determina l’impossibilità di attuare un’efficace tutela legale e/o contrattuale degli interessi degli utenti, che possono, pertanto, trovarsi esposti a dover subire ingenti perdite economiche, ad esempio in caso di condotte fraudolente, fallimento o cessazione di attività delle piattaforme on-line di scambio presso cui vengono custoditi i portafogli digitali personali (i cosiddetti e-wallets).

In un contesto di assenza di obblighi informativi e di regole di trasparenza, le piattaforme di scambio sono altresì esposte a elevati rischi operativi e di sicurezza: esse, infatti, a differenza degli intermediari autorizzati, non sono tenute ad alcuna garanzia di qualità del servizio, né devono rispettare requisiti patrimoniali o procedure di controllo interno e gestione dei rischi, con conseguente elevata probabilità di frodi ed esposizione al cybercrime. Sussistono, inoltre, rischi di controparte, di mercato, di liquidità e di esecuzione. Priva di ogni garanzia è d’altronde la futura possibilità di un’immediata conversione dei bitcoin e delle altre criptovalute in moneta ufficiale a prezzi di mercato.

La tassazione

Così la Corte di Giustizia dell’Unione europea nella sentenza 22 ottobre 2015, causa C-264/14: l’attività di intermediazione di valute tradizionali con bitcoin, svolta in modo professionale ed abituale, costituisce un’attività rilevante oltre agli effetti dell’Iva anche dell’Ires e dell’Irap, soggetta agli obblighi di adeguata verifica della clientela, di registrazione e di segnalazione previsti dal citato D. Lgs in congiunta attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attivita’ criminose e di finanziamento del terrorismo, nonche’ della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione.

Pertanto, ai fini delle imposte sul reddito, delle persone fisiche che detengono bitcoin (o altre valute virtuali) al di fuori dell’attività d’impresa, alle operazioni di conversione di valuta virtuale si applicano i principi generali che regolano le operazioni aventi ad oggetto valute tradizionali. Pertanto:

  • le cessioni a pronti di valuta virtuale non danno origine a redditi imponibili mancando la finalità speculativa salvo generare un reddito diverso qualora la valuta ceduta derivi da prelievi da portafogli elettronici (wallet), per i quali la giacenza media superi un controvalore di euro 51.645,69 per almeno sette giorni lavorativi continui nel periodo d’imposta, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-ter), TUIR. Il valore in euro della giacenza media in valuta virtuale va calcolato secondo il cambio di riferimento all’inizio del periodo di imposta, e cioè al 1° gennaio dell’anno in cui si verifica il presupposto di tassazione. Si fa presente che ai fini della determinazione di un’eventuale plusvalenza derivante dal prelievo dal wallet, che abbia superato la predetta giacenza media, si deve utilizzare il costo di acquisto e che agli effetti della determinazione delle plusvalenze/minusvalenze si considerano cedute per prime le valute acquisite in data più recente. Inoltre, in caso di bitcoin ricevuti “a titolo gratuito”, il costo iniziale da considerare è quello sostenuto dal donante, ai sensi del comma 6 dell’articolo 68 del TUIR.
  • i redditi derivanti dalle operazioni realizzate sul mercato FOREX e da Contract for Difference (CFD) aventi ad oggetto valute virtuali costituiscono redditi diversi ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera c-quater), del TUIR. Tali redditi, se percepiti da parte di un soggetto persona fisica al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, sono soggetti ad imposta sostitutiva a norma dell’articolo 5 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461. I redditi diversi di natura finanziaria in questione devono essere indicati nel quadro RT della Modello Redditi – Persone Fisiche e sono soggetti ad imposta sostitutiva con aliquota del 26%

Per quanto riguarda gli obblighi di monitoraggio fiscale, sono stati estesi gli obblighi ordinariamente previsti per gli intermediari bancari e finanziari, altresì ai soggetti (c.d. “operatori non finanziari”) che intervengono, anche attraverso movimentazione di “conti”, nei trasferimenti da o verso l’estero di mezzi di pagamento effettuate anche in valuta virtuale, di importo pari o superiore a 15.000 euro.

Rimane l’obbligo di compilazione del quadro RW della Modello Redditi – Persone Fisiche, da parte delle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato che, nel periodo d’imposta, detengono investimenti all’estero e attività estere di natura finanziaria suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, tra le quali le valute estere.

Infine le valute virtuali non sono soggette all’imposta sul valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all’estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato (c.d. IVAFE,)  la quale si applica esclusivamente ai depositi e conti correnti di natura “bancaria” .

#WalterTroisi
Sitografia: Consob, Informazione fiscale e Fisco mania
Fonte:
Agenzia delle Entrate Risoluzione 2 settembre 2016, n. 72/E avente ad oggetto Interpello sul trattamento fiscale applicabile alle società che svolgono attività di servizi relativi a monete virtuali ed Interpello Nr. 956-39/2018 sulla tassazione delle criptovalute per la Direzione Generale AdE della Lombardia;
Corte-Giustizia-Europea-264-14-del-22102015 Servizi a titolo oneroso – Operazioni di cambio della valuta virtuale “bitcoin” contro valuta tradizionale;
D. Lgs 231/2007 Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione e successive modificazioni e integrazioni.
Come la tecnologia blockchain può cambiarci la vita – Analisi approfondita del Servizio Ricerca del Parlamento europeo EPRS
Profili penali delle criptovalute di Antonio Rosato – Quaderni di C.R.S.T.

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