Crisi d’impresa, rimedi

„La parola crisi, scritta in cinese, è composta di due caratteri. Uno rappresenta il pericolo e l’altro rappresenta l’opportunità.“  John Fitzgerald Kennedy

Possibili soluzioni, stragiudiziali e concordate, della crisi disciplinate dalla nuova legge fallimentare

#Pianoattestato art. 67, terzo comma, lett . d), L.F
#Accordodiristrutturazione dei debiti art. 182 bis L.F.
#Concordatopreventivo art. 161 L.F.

IL PIANO ATTESTATO

L’art. 67 al terzo comma lett. d) L.F. prevede che un impresa in crisi/insolvente possa predisporre un piano che le consenta di
risanare l’esposizione debitoria e di riequilibrare la situazione finanziaria facilitando i creditori nel recupero del proprio credito.
La disposizione in esame garantisce per detto piano – ovvero per il suo contenuto – il beneficio dell’esenzione dall’azione revocatoria
fallimentare (oltre all’esenzione di alcuni reati di bancarotta) salvaguardando così i soggetti coinvolti nell’operazione di risanamento dagli effetti del possibile fallimento del debitore con il quale si sono intrattenuti rapporti.
Il tenore letterale della norma presuppone, per realizzare tali benefici, la forma scritta del piano di risanamento – che permetta all’attestatore professionista l’espletamento documentale del proprio
adempimento – nonché la sua data certa, in modo da poterlo rendere opponibile al curatore in caso di eventuale successivo fallimento dell’impresa debitrice.

GLI ACCORDI DI RISTRUTTURAZIONE DEI DEBITI

Gli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182bis l.f. rappresentano uno strumento extraconcorsuale di risanamento al quale l’impresa in crisi/insolvente può ricorrere per ridurre la propria esposizione debitoria e tentare così il recupero della propria continuità gestionale e si sostanziano in una pluralità di accordi di stampo privatistico/negoziale, supportati da specifico piano, che il debitore raggiunge con tanti creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti e sulla relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, terzo comma lett. d) L.F., che attesti la veridicità dei dati aziendali in tale piano espressi, nonché l’attuabilità
dell’accordo con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei. Il contenuto degli accordi con i creditori aderenti è liberamente determinabile mentre ai non aderenti deve essere garantito il pagamento
integrale di quanto dovuto.

IL CONCORDATO PREVENTIVO

Il concordato preventivo si distingue dal concordato fallimentare perché è chiesto prima della dichiarazione di fallimento, e, se ha successo, lo impedisce.
Si tratta di un procedimento complesso, diviso in più fasi, non molto dissimile dalla vera e propria procedura fallimentare.
La proposta di concordato preventivo deve provenire dallo stesso imprenditore e può prevedere:
> la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma;
> l’attribuzione a un assuntore delle attività delle imprese interessate dalla proposta;
> la suddivisione dei creditori in classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei;
> trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.

Sulla domanda di concordato deve pronunciarsi il tribunale il quale, verificata la completezza e la regolarità della documentazione, dichiara aperta la procedura con decreto non soggetto a reclamo, in cui delega un giudice alla procedura, ordina la convocazione dei creditori e nomina il commissario giudiziale.
All’adunanza dei creditori davanti al giudice delegato, nella quale si deve procedere all’approvazione del concordato, segue il giudizio di omologazione di fronte al tribunale, che omologa il concordato con decreto motivato se è stata raggiunta la maggioranza.

fonte:Legge Fallimentare RD 267/1942 e successive modifiche

#waltertroisi

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